IL METAVERSO È IL FUTURO: DA VIDEOGIOCHI A NFT, CON LO ZAMPINO DI FACEBOOK

#FedericoNicolini

Il Metaverso, che concetto complesso. Se ne sente parlare sempre più spesso, ma tutto ciò che sappiamo è che esiste e non esiste allo stesso tempo. Recentemente Mark Zuckerberg ha annunciato di voler cambiare nome a Facebook “per una fase di transizione da social media a Metaverso”, ma che significa? Intende creare una nuova piattaforma online? Sì, ma non solo. C’entrano i soldi? Anche, certo, ma riguarda anche la società per come la conosciamo.
Qualcuno ne avrà già sentito parlare anche in ambito NFT, ma non significa che se centrano blockchain e criptovalute possiamo diventare automaticamente ricchi. Per questo, procediamo per gradi.

Cos’è il Metaverso?

Una semplice domanda, ma dalla risposta relativamente ancora vaga. Certamente, c’è un’origine alla quale si può tornare per stabilire un punto comune: “Un discorso dalla forza magica. Al giorno d’oggi, la gente non crede in questo genere di cose. Tranne nel Metaverso, cioè, dove la magia è possibile. Il Metaverso è una struttura immaginaria fatta di codice. E il codice è solo una forma di discorso, la forma che i computer comprendono. Il Metaverso nella sua interezza potrebbe essere considerato un unico vasto nam-shub [incantesimo, canto, poesia o discorso dal potere magico secondo i sumeri, ndr], che agisce sulla rete in fibra ottica di L. Bob Rife”.

Questa è la descrizione fornita da Neal Stephenson nel romanzo Snow Crash, pubblicato nell’ormai lontano 1992, quasi trent’anni fa. L’autore lo concepisce come un posto immaginario dove le persone spendono moltissimo tempo nelle vesti del loro “gemello digitale“. L’ambiente in sé è completamente urbano e sviluppato lungo “La Strada”, larga cento metri e che percorre l’intera circonferenza di un Pianeta nero e perfettamente sferico, per un totale di 65536 chilometri. Insomma, più in generale, un mondo alternativo al quale gli utenti possono accedervi tramite realtà virtuale, attraverso terminali come occhiali ad alta definizione o cabine pubbliche con display in bianco e nero. Effettuato l’accesso al Metaverso, ogni suo membro si rappresenta come meglio desidera in avatar di qualsiasi forma (eccetto l’altezza, quella è limitata per ovvie ragioni) e viaggia per la Strada a piedi o con veicoli virtuali.

A qualcuno potrebbe ricordare un altro romanzo più recente: Ready Player One, scritto da Ernest Cline e pubblicato nel 2011. La sua visione è particolarmente simile, seppur basata su dettagli più vicini a noi.

Il Metaverso rappresentato si chiama OASIS e funziona a cavallo tra una società virtuale e un MMORPG (ovvero un Gioco di ruolo multigiocatore in rete di massa, da traduzione letterale). L’accesso è possibile tramite visore VR e guanti aptici collegati tramite molteplici cavi a un terminale. Entrati in OASIS, gli utenti possono accedere a una vastissima gamma di attività ludiche, educative e non solo. Un esempio chiave è fornito dal protagonista Wade Watts, studente nella vita quotidiana e “gunter” nel tempo libero (da egg hunter, ovvero cacciatore di Easter Egg), durante il quale si diletta nella ricerca delle chiavi per aprire tre porte che permettono di accedere all’eredità del creatore di OASIS, James Halliday, tra cui il controllo dello stesso OASIS.

Come può essere descritto, allora, il Metaverso nella maniera più semplice e onnicomprensiva possibile? Probabilmente come un Mondo 2.0 che richiede solamente una connessione a Internet per accedervi, una realtà virtuale o persino un intero universo in cui la nostra persona viene riprodotta, più o meno fedelmente, assieme a quella di altri individui che vivono assieme a noi, all’interno di ambienti fittizi. In questa realtà alternativa si può interagire nei modi più disparati, con attività di gioco o di intrattenimento e, perché no, anche lavorative.

La base è a grandi linee la medesima, ma il Metaverso resta un concetto in continua evoluzione. Jensen Huang, CEO di NVIDIA, si è limitato ad affermare che “il Metaverso sarà una nuova economia più grande di quella attuale”, verso la quale i colossi della tecnologia si stanno muovendo guidati dalla medesima frenesia dei pionieri nel Klondike e nello Yukon. Il CEO di Facebook, Mark Zuckerberg, definisce il suo progetto di Metaverso come “una nuova fase di esperienze virtuali interconnesse”, dove “anziché vedere contenuti, li si vive”. O ancora, l’autore del Metaverse Primer, Matthew Ball, ha definito il Metaverso come “un’ampia rete di mondi 3D e simulazioni persistenti, renderizzati in tempo reale e che supportano la continuità di identità, oggetti, cronologia, pagamenti e diritti, i quali possono essere sperimentati in modo sincrono da un numero effettivamente illimitato di utenti, ciascuno con un senso individuale di presenza”.

Non solo, Ball ha voluto espandere la concezione di Multiverso definendo delle caratteristiche chiave per il suo futuro:

• Essere persistente: nessuna pausa, nessun ritorno alle impostazioni di fabbrica e nessuna fine
• Vivere o essere sincronizzato alla vita reale: ogni esperienza nel Metaverso deve essere vissuta dentro e fuori di esso, anche nella vita reale
• Non porre limiti all’utenza: ogni individuo può prendere parte al Metaverso, partecipare ad attività assieme ad altre persone, nello stesso momento e senza limiti di numero
• Avere un’economia completamente funzionante: persone e aziende potranno creare, possedere, vendere qualsiasi tipo di opera che viene riconosciuta dagli altri con un suo valore, sul quale investire tempo e denaro reale
• Essere un’esperienza completa: il Metaverso deve essere vissuto sia nella sua essenza digitale che nella vita reale, con esperienze pubbliche e private, tra piattaforme aperte e chiuse
• Offrire un’interoperabilità senza precedenti: dati, asset, contenuti, ogni elemento di qualsiasi Metaverso dovrebbe essere condivisibile su altri metaversi. Per esempio, un’auto progettata dalla Ferrari e disponibile nei render dovrebbe esistere ed essere utilizzabile su Rocket League, ma anche su Roblox, Fortnite o VRChat
• Essere ricco di contenuti ed esperienze create e vissute da un ampio numero di persone: chiunque dovrà essere in grado di contribuire alla vita ed espansione del Metaverso, offrendo contenuti inediti e vivendo esperienze con altre persone grazie a tali contenuti

Forse è proprio quella di Ball la descrizione più esaustiva del Metaverso come lo si immagina oggi.

Eppure, agli occhi e alle orecchie di tutti coloro che non si sono mai approcciati a questo mondo, tutto ciò apparirà e suonerà come la fantasia di qualche visionario. I più ottimisti la percepiranno come un’opportunità imperdibile, osservando affascinati il suo stato attuale e la sua evoluzione. I più pessimisti, d’altro canto, riserveranno dubbi sulla bontà del progetto e su questa visione fantascientifica, per la sua focalizzazione su qualcosa di apparentemente superfluo, piuttosto che su problemi reali.
Per inquadrare il Metaverso e il suo futuro, dunque, riteniamo necessario fare un piccolo passo indietro per ripercorrere la sua storia fino a oggi.

Il passato: Active Worlds, Habbo e Second Life

Allontaniamoci per qualche minuto dalla definizione fornita da Matthew Ball, prettamente legata alle risorse tecnologiche oggi a nostra disposizione. Gli internauti di vecchia data probabilmente avranno già sentito parlare di Active Worlds, Habbo e Second Life, tre esempi chiave di Metaverso, divenuti particolarmente popolari tra 1995 e 2015.

Active Worlds è nato come piattaforma di mondo virtuale tridimensionale per utenti Windows e OSX nel giugno del 1995. Una volta iscritti, gli utenti potevano scegliere il nome di loro gradimento e personalizzare l’avatar con oggetti 3D creati anche da altre persone. Il titolo consentiva di utilizzare gli strumenti di grafica 3D per costruire edifici, intere aree vivibili, modelli e oggetti scambiabili liberamente o acquistabili tramite marketplace interno. Non mancavano le funzionalità di messaggistica su diversi livelli: chat di prossimità tra due persone, con distanza massima di 200 metri tra loro, oppure chat tramite “telegrammi” inviabili a qualsiasi utente.

Sin dal lancio, Active Worlds offriva più mondi: Yellow era il clone del Parco di Yellowstone; Atlantis non era altro che una città sott’acqua; COFMeta, invece, era un omaggio in versione 3D alla Strada di Snow Crash, un chiaro riferimento al libro che ha ispirato il titolo. Per accedervi, era possibile creare un account temporaneo con molte restrizioni, definito “Turista“, oppure si poteva diventare “Cittadini” pagando 6,95 Dollari al mese o 69,95 Dollari all’anno, con possibilità di acquistare mondi e accedere a nuove funzionalità. Attualmente Active Worlds è ancora disponibile, ma fermo alla versione 6.0 rilasciata nel 2012 e, oltretutto, senza giocatori attivi. Piccola curiosità: all’interno della traccia dati dell’album Grazie mille degli 883 era disponibile un mondo virtuale creato proprio su Active Worlds, intitolato 883d chat.

La musica italiana si è approcciata una seconda volta a questi mondi virtuali, però: vi ricordate il video musicale di Bruci la città di Irene Grandi? Ebbene, buona parte è stata registrata all’interno di Second Life, gioco nato nel 2003 per mano di Linden Lab che, ancora oggi, consente agli utenti di accedere liberamente e in maniera gratuita (salvo volontà di ottenere il titolo di account Premium) a un universo 3D con contenuti generati dalla community stessa.

Oltretutto, al suo interno è possibile utilizzare il Linden Dollar, valuta che può essere scambiata anche per valuta reale. All’interno di Second Life ne sono accadute di cose bizzarre, ma che nel concetto di Metaverso rientrano perfettamente. Paesi come Maldive, Estonia, Colombia, Serbia, Albania e persino la Svezia hanno aperto un’ambasciata all’interno del gioco tra 2007 e 2008. Il Department of Special Education della West Virginia University ha tenuto sette corsi differenti su Second Life. Alcune radio funzionavano tramite il videogioco, mentre il sito egiziano Islam Online ha acquistato terreni su Second Life per consentire a chiunque di vivere il rituale dello Hajj (il pellegrinaggio alla Sacra Moschea della Mecca) in via digitale prima di viverlo nella vita vera.

Lanciato nel 2003 e ancora aggiornato dal Linden Lab, Second Life resta uno degli esempi di Metaverso più importanti di sempre. Tuttavia, Matthew Ball stesso non lo definisce come un esempio di Metaverso a tutti gli effetti, semmai può essere visto come un “proto-metaverso“.

Habbo è un altro esempio interessante di approccio al Metaverso, molto più popolare rispetto Second Life ma meno vicino al concetto odierno. Sin dalla sua nascita nel 2001 con la prima versione Beta, il videogioco e social della finlandese Sulake è stato concepito non come un mondo intero in 3D, ma come un hotel virtuale con visuale isometrica.

Al suo interno era possibile costruire stanze d’ogni tipo: con il passare degli anni e le migliorie apportate ad Adobe Flash, Habbo ha consentito la creazione di intere città in una stanza dalle dimensioni giganti, complice anche l’utilizzo di glitch che permettevano l’aumento dei quadrati utilizzabili.

Nel corso della sua esistenza, si sono accumulati anche diversi scandali sulla piattaforma social per via di attività esplicite o gioco d’azzardo, ma il successo non è mancato e agli utenti sembrava davvero di essere in un mondo virtuale.

Sono nate community intere con giochi di ruolo a tema, stadi di calcio e team ufficiali grazie al minigioco supportato. Le interazioni su Habbo erano e sono ancora apprezzate da tantissimi utenti. Per intenderci, se Second Life a oggi conta circa 40.000 utenti attivi al mese (dati di luglio 2021), Habbo Hotel nel gennaio 2021 contava su 800.000 utenti attivi mensilmente in oltre 115 paesi, con soltanto 9 siti operativi. Tale successo, nel tempo, ha convinto anche musicisti e realtà importanti ad attivarsi su Habbo: l’UNICEF organizzò su scala globale degli appuntamenti per sensibilizzare l’utenza sull’utilizzo di Internet, sui pericoli di droga e alcol, e molto altro. MTV vi tenne un evento nel 2010 per gli Europe Music Awards, mentre artisti come i Gorillaz apparirono in alcune occasioni all’interno dell’Hotel.

Il periodo d’oro tra 2005 e 2015 ha visto persino la creazione di centinaia di retro-server, ovvero siti non ufficiali che imitavano Habbo con contenuti aggiuntivi personalizzati e senza la necessità di pagare soldi veri per ottenere mobili o vestiti in-game. Con il passaggio da Adobe Flash a Unity, in Italia la community ha rapidamente abbandonato il titolo e, a oggi, si contano pochissimi utenti, principalmente i fedeli nostalgici degli anni passati.

Il presente: Roblox e Fortnite

L’anello di congiunzione tra il passato e il presente è Roblox ed è più popolare che mai. Sebbene qualcuno possa aver trovato semplice il parallelismo con Minecraft, le sue reali ispirazioni derivano da Habbo, per via delle vastissime possibilità e per il concept “a stanze“, e dai LEGO, per l’estetica delle prime versioni e l’utilizzo di mattoncini per costruire strutture, veicoli e quant’altro. Considerato che Roblox approdò su PC nel 2006, cinque anni dopo Habbo e giusto negli anni d’oro di quest’ultimo, a molti utenti risultò naturale confrontare i due titoli.

Fondata sul motore proprietario Roblox Studio, la piattaforma di David Baszucki ed Erik Cassel consente la creazione di giochi e oggetti cosmetici d’ogni sorta utilizzando il linguaggio di programmazione Lua. Ogni utente può comprare vestiti e i cosiddetti Game Pass unici o altri contenuti tramite microtransazioni utilizzando la moneta in-game chiamata Robux, mentre gli utenti Premium possono persino venderli al resto del pubblico, con una commissione applicata dalla Roblox Corporation. Attualmente si conta un totale di addirittura 20 milioni di minigiochi creati ogni anno e, tra l’altro, proprio gli utenti Premium ottengono una sorta di stipendio mensile sotto forma di Robux, oltre a sconti e benefici esclusivi.

La piattaforma è diventata rapidamente famosa soprattutto tra i più piccoli, specialmente quando approdò su smartphone iOS nel 2012 e Android nel 2014.

La seconda metà degli anni tra 2010 e 2020 ha visto una crescita esponenziale nella popolarità e, specialmente tra 2019 e 2021, l’utenza è aumentata a numeri mai visti prima. Trattandosi di un gioco free-to-play con un vastissimo numero di modalità e accessibile sia da PC di fascia bassa che da smartphone e tablet con ogni sistema operativo, oltre che da Xbox One dal 2015, era facile prevedere un successo di questo tipo. Il fondatore David Baszucki ha affermato che nell’agosto 2020 Roblox contava oltre 164 milioni di utenti attivi ogni mese. A quanto pare, oltre la metà di tutti i bambini under 16 negli Stati Uniti ci giocava in quel periodo.

Ovviamente, ciò ha portato a un grande cambiamento per i piani futuri: nel Q2 2021, infatti, la società ha registrato una crescita nelle entrate del 35%, per un totale di 665 milioni di Dollari. I profitti non sono particolarmente elevati, tuttavia i creatori di Roblox sono principalmente interessati alla crescita del numero di utenti a livello internazionale, così da prepararsi ad accendere nuove macchine per la monetizzazione all’interno del gioco, man mano che esso si evolve.

Nel settembre 2021, infatti, il Chief Product Officer Manuel Bronstein ha scritto sul blog ufficiale che il futuro è il Metaverso, ovvero la “creazione di una piattaforma per esperienze cooperative immersive, dove le persone possono riunirsi tra milioni di esperienze 3D dove imparare, costruire, giocare, creare e socializzare“. Il passo più importante per Roblox è e sarà quello di promuovere una ricca comunità basata su esperienze condivise. Una direzione “fondamentale per questa visione e una forza trainante per il percorso di Roblox. Mentre costruiamo una comunità coinvolgente e civile in cui le persone formano connessioni reali, stiamo immaginando il futuro della comunicazione sia nel Metaverso che oltre“. Per farlo, Roblox fonderà il suo futuro su tre principi:

• La comunicazione in-game dovrà trovare le sue radici nella comunicazione reale. In altre parole, ci si aspetta l’implementazione di un sistema di chat vocale di prossimità con possibilità di sussurrare o urlare per parlare con altri giocatori (funzionalità attualmente già in Beta con il nome di Spatial Voice), ma anche di gesti ed espressioni facciali (che si tratti del supporto VR?)

• I modi in cui comunicare con altre persone nel Metaverso Roblox non dovranno essere limitati dalla realtà fisica. Citando direttamente Bronstein, “ad esempio, potresti avere una conversazione a tre con qualcuno accanto a te in un’esperienza e con un altro amico sull’autobus mentre tornate a casa nel mondo reale. Questi dialoghi saranno in grado di continuare senza interruzioni mentre passi da un’esperienza all’altra o mentre i tuoi interlocutori vanno e vengono dall’esperienza in cui ti trovi

• Mantenere una piattaforma digitale civile e sicura, con la medesima moderazione esercitata nel mondo reale. Ciò significa che in contesti pubblici, ovvero con un numero più grande di utenti, Roblox applicherà filtri più limitanti; in contesti privati, invece, sarà possibile essere più sciolti, più espliciti, esattamente come nella realtà.

Altro fattore importante che già rende Roblox un Metaverso simile alla concezione di Matthew Ball è proprio la vendita di contenuti in-game, da vestiti ad avatar, passando per macchine, automobili e, soprattutto, riproduzioni digitali ufficiali (ovvero con la licenza del brand) di merchandise della NFL, borse Gucci e scarpe come le Nike Air Max. E come dimenticare il concerto di Lil Nas X su Roblox a fine 2020?

Insomma, le possibilità ci sono, ma c’è un aspetto da non sottovalutare: l’utenza target. Attualmente, Roblox attira principalmente minorenni. Certo, non manca una fetta di visitatori over-18, ma la piattaforma non offre per sua natura contenuti a loro appetibili. Si tratterà quindi di un Metaverso limitato, oppure dobbiamo aspettarci qualche importante cambiamento che renderà Roblox la prima scelta?

Il principale rivale, del resto, attualmente è Fortnite. Il battle royale di Epic Games ha conquistato un bacino d’utenza notevole nel corso degli anni e, nel 2019, il CEO Tim Sweeney ha twittato “Fortnite è un gioco, ma fatemi questa domanda di nuovo tra 12 mesi”. Nel frattempo è partito il trend dei concerti su Fortnite grazie a Marshmello e ben 11 milioni di persone si sono connesse in-game per vivere l’esperienza dal vivo, in tempo reale, lanciando un chiaro segnale sul futuro del videogioco sotto forma di Metaverso.

Lentamente, Fortnite è diventato quasi un social: durante le partite e nelle lobby private i giocatori parlano del più e del meno, mentre in diverse occasioni musicisti e film hanno invaso il gioco.

Esempi sono la clip esclusiva di Star Wars: L’ascesa di Skywalker prima del debutto nelle grandi sale, o anche il cameo di Thanos sul campo di battaglia. Ancora più notevole, come segnalato anche da Ball, Fortnite ha unito al suo interno i mondi Marvel e DC, ponendo le basi per l’interoperabilità tra universi opposti fra loro, un aspetto fondamentale del Metaverso come originariamente concepito.
Altri fattori e fenomeni che contribuiscono alla definizione del Metaverso Fortnite sono, per esempio, la nuova “Soundwave Series” che consente a ogni artista partner di ottenere la propria esperienza interattiva tramite Fortnite Creative. Come spiegato da Nate Nanzer di Epic Games, “Soundwave Series introdurrà incredibili artisti da tutto il mondo a milioni di nuovi fan all’interno di Fortnite Creative, dove non ci sono praticamente limiti a ciò che può essere progettato dalla nostra community“. Bisogna considerare poi le modalità di gioco e mappe in edizione limitata, disponibili solo temporaneamente: è successo non solo con Thanos, come detto prima, ma anche con John Wick, Air Jordan, Borderlands, God of War e avverrà in molte altre occasioni.

Per le aziende è fonte di profitti, per i giocatori è un’esperienza unica, mai vista prima. Ancora, Fortnite è gratuito e accessibile a tutti, dato che funziona su PC, smartphone Android e iOS, console PlayStation, Xbox e Nintendo, e l’esperienza funziona anche in modalità cross-play, ovvero tra dispositivi e piattaforme differenti. Insomma, è ovunque e per chiunque!

È evidente quale sia il potenziale del titolo di Epic Games nel diventare il primo Metaverso a tutti gli effetti. I pezzi del puzzle si stanno unendo lentamente, uno alla volta, a comporre il grande quadro che potrebbe rivoluzionare le nostre vite. Ma conosciamo Tim Sweeney e le sue posizioni contro altri colossi interessati a questa realtà: nel 2017 egli affermò che, per quanto questo concetto sia appetibile ed estremamente affascinante, non mancano dubbi e timori sulle intenzioni dell’industria tech. Secondo lui, il Metaverso rischia di diventare qualcosa di proprietà di compagnie private e ciò lederebbe all’idea di apertura intrinseca al Metaverso stesso: “La quantità di potere posseduta da Google e Facebook. Il presidente Eisenhower lo ha detto sul complesso militare-industriale. Rappresentano una grave minaccia per la nostra democrazia. […] Mentre costruiamo queste piattaforme verso il Metaverso, se queste piattaforme sono bloccate e controllate da queste società proprietarie, esse avranno molto più potere sulle nostre vite, sui nostri dati privati e sulle nostre interazioni private con altre persone rispetto a qualsiasi piattaforma nella storia“.

La battaglia tra Apple ed Epic Games, nata con l’accusa da parte di quest’ultima di monopolio attraverso politiche che limitavano il libero mercato, è un chiaro segnale del disappunto di Sweeney, non condiviso infine dal giudice.

La sentenza ha però sottolineato come il colosso di Cupertino si stia comportando in maniera tale da accrescere la sua dominance sul mercato delle app, fulcro della causa tra le due parti. Senza ombra di dubbio, questo sentimento del CEO di Epic Games potrebbe essere allargato anche ad altre società come Google e Microsoft. Le perplessità non mancano: Big G non può far altro che vedere una miniera d’oro nel Metaverso, trattandosi di una piattaforma che pullula di dati in grado di generare introiti non indifferenti. L’intento di Tim Sweeney è senz’altro positivo: abbattere le barriere alla ricerca della vera interconnessione tra i vari giganti del mondo Big Tech. La visione da lui proposta è radicata su ambizioni e desideri degni di un sognatore che crede davvero nella bontà del progetto e di chi ne fa e farà parte.
La sua spinta da sola potrebbe non bastare per stappare la bottiglia e lasciare che il Metaverso esploda con una crescita improvvisa, magari con lo sviluppo di una vera piattaforma universale alla OASIS.

ROBLOX DA UNA PARTE…

…FORTNITE DALL’ALTRA

Di conseguenza, la lieve fase di stallo attuale per l’evoluzione del Metaverso globale con la caratteristica dell’interoperabilità e della completa apertura ci costringe a rimanere con i piedi saldi a terra, dove troviamo alcuni limiti importanti. Ritorniamo un attimo su Roblox: per quanto il suo target non sia così ampio quanto quello di Fortnite, la piattaforma consente a chiunque di creare contenuti in-game in maniera particolarmente intuitiva, con la possibilità di venderli per soldi veri. Il battle royale firmato Epic, invece, non è ancora alla pari e non potrà competere concretamente con Roblox per il titolo di Primo Metaverso fino a quando non sarà possibile per chiunque sviluppare facilmente contenuti aggiuntivi tramite Unreal Engine con la possibilità di integrarli nel videogioco e venderli. Come se non bastasse, il numero di utenti attivi su Roblox è notevolmente superiore a quello di Fortnite (si parla di oltre 200 milioni di giocatori mensili per Roblox e attorno agli 80-100 milioni per Fortnite) e, per raggiungere le dimensioni sperate da Matthew Ball, servirebbe un’infrastruttura molto più potente. Nell’ottica del Metaverso in stile OASIS, Microsoft Azure o gli Amazon Web Services costituiscono gli esempi migliori attualmente esistenti. Ricordiamoci, tuttavia, le posizioni di Sweeney nei loro confronti.

Il problema di Epic e Fortnite denota quindi una serie di fattori che evidenziano una grossa difficoltà generale. Insomma, la scalata in direzione del Metaverso è il nuovo Everest digitale: ai singoli mancano i mezzi necessari per l’ascesa sulle pareti verticali dei limiti tecnici, di conseguenza il raggiungimento della cima dipende dalla collaborazione tra più giganti della tecnologia per condividere gli strumenti del mestiere e superare tali ostacoli. Nel momento in cui gli interessi individuali hanno la meglio sull’interesse collettivo, ovvero potenzialmente anche quello di chi sta alla base della montagna del Metaverso, l’impresa diviene ancor più ardua.

La parentesi NFT

Oltre ai videogiochi, il concetto di Metaverso sta toccando anche il mondo NFT e i due settori, in diversi casi, coincidono. I non-fungible token non sono altro che asset crittografici non replicabili e associabili a beni reali o virtuali come certificato di autenticità e proprietà. Ne abbiamo già parlato con maggiore dettaglio spiegando cosa sono gli NFT e come funzionano. Questi token hanno delle caratteristiche che Matthew Ball ritiene essenziali per la realizzazione del Metaverso, a partire dall’interoperabilità. A oggi, però, di blockchain ce ne sono tante e in numero crescente. Questo ha creato una frammentazione nell’ecosistema rendendo inaccessibili i dati memorizzati su una di esse in altre catene. In altre parole, l’assenza di un’interoperabilità naturale tra le blockchain impedisce di sfruttare appieno i vantaggi di tale tecnologia.

Per ovviare a tale problema, diverse compagnie hanno pensato di sviluppare videogiochi che rendono gli NFT lo strumento ideale per realizzare l’interoperabilità. Su tutti, Evolution Land è uno dei più interessanti attualmente attivi: si tratta di un videogioco simulativo-tycoon con supporto cross-chain nel quale gli utenti, rappresentati da Avatar chiamati Apostoli, acquistabili tramite il token nativo RING, possono comprare e vendere proprietà, costruire edifici, creare e scambiare NFT e minare “elementi” (ovvero coin diverse) tra 26 continenti, ognuno rappresentante una blockchain differente.

Attualmente ne esistono solo cinque ufficialmente supportate, come il continente Atlantis basato su Ethereum e un altro fondato su Tron. Tra le meccaniche play-to-earn e la possibilità di comprare e scambiare NFT tra una criptovaluta e l’altra, Evolution Land è diventato rapidamente uno dei progetti più interessanti sul mercato, ma non l’unico.

Altra possibile manifestazione dell’interoperabilità degli NFT potrebbe essere vista nel mercato delle skin nei videogiochi. Chi conosce Counter Strike: Global Offensive si sarà certamente interessato alla compravendita di oggetti cosmetici, con valori che vanno anche oltre le decine di migliaia di Dollari per alcuni set specifici. Ebbene, ogni singola skin potrebbe essere associata al suo NFT, creando un ulteriore layer al complesso mercato interno al titolo di casa Valve, legandolo indissolubilmente al mondo reale. Il medesimo ragionamento può essere allargato anche a Roblox o Dota 2, ovvero qualsiasi altro videogioco che include un marketplace di oggetti cosmetici e non solo.

Ma il legame tra NFT e Metaverso non si esaurisce qui. Uscendo dall’attività ludica, a metà ottobre Sotheby ha aperto ufficialmente il Metaverse, un marketplace in cui verranno messe all’asta creazioni e collezioni di artisti digitali firmate sulla blockchain Ethereum e acquistabili in valute fiat e criptovalute. O ancora, essendo gli NFT stessi, per loro natura, unici e di proprietà dimostrabile, potrebbero diventare lo strumento perfetto per identificarci nel Metaverso tra più piattaforme. In altre parole, agli Avatar e account di differenti servizi verrebbe associato l’NFT personale come se fosse una carta di identità.

È chiaro quindi che il legame non manca, ma al momento non si è sentito ancora discutere intensamente del rapporto NFT-Metaverso. Forse c’è chi teme si tratti di un settore ancora difficile da gestire, o magari sono semplicemente necessarie analisi ulteriori per comprendere come sfruttare al meglio la blockchain in questo nuovo contesto tecnologico.

Il futuro firmato Face…Meta

Nel frattempo, però, c’è qualcuno che intende dare una seria spinta verso lo sviluppo del Metaverso e questo qualcuno si chiama Mark Zuckerberg. Esattamente come Matthew Ball, anche l’imprenditore statunitense crede che il Metaverso debba essere gestito da molti attori differenti per fare in modo che rimanga decentralizzato. Esistono più visioni di questa realtà, dunque perché non realizzarne una completa, più grande, con le fondamenta definite dalle attuali manifestazioni del Metaverso? Zuckerberg stesso lo ha ammesso: “Quello che penso sia più interessante è come questi temi si uniranno in un’idea più grande. Il nostro obiettivo generale in tutte queste iniziative è aiutare a dare vita al Metaverso“.

La strada da percorrere sarà ancora lunga, forse ancor più della Strada di Snow Crash, eppure i primi passi il colosso social li sta già facendo. In primis, ancora prima di cambiare nome, Facebook ha annunciato un investimento sul Metaverso da 50 milioni di dollari con partner come esperti dell’industria tech, policymakers, ricercatori di cybersicurezza, sviluppatori e tante altre figure specializzate. All’investimento si aggiungono le 10.000 assunzioni in Europa nei prossimi cinque anni, con i recruiter che andranno a caccia di talenti in Paesi come Germania, Francia e anche l’Italia.

Tra questi annunci, Zuckerberg ha inoltre espresso la sua definizione di Metaverso: “Un insieme di spazi virtuali in cui puoi creare ed esplorare con altre persone che non si trovano nel tuo stesso spazio fisico. Sarai in grado di uscire con gli amici, lavorare, giocare, imparare, fare acquisti, creare e altro ancora. Non si tratta necessariamente di passare più tempo online: si tratta di rendere più significativo il tempo che trascorri online“. C’è poi un dettaglio fondamentale, che ribadisce il concetto di sforzo congiunto: “Il Metaverso non è un singolo prodotto che un’azienda può costruire da sola“.

Nell’ottica della società statunitense, il Metaverso deve esistere nel presente più vicino possibile e nel futuro, come Internet ha continuato a operare dal passato al presente e lo farà negli anni a venire.

L’importante è agire con cautela, anche nel corso di 10-15 anni, per porsi le domande più complesse e rispondere in maniera esaustiva. Per far sì che ciò avvenga senza eccessivi intoppi, soprattutto dal punto di vista legale, Zuckerberg ha voluto dare un segnale forte: il gruppo Facebook si chiamerà Meta. Questo passaggio è essenziale in quanto rappresenta l’idea di un possibile, nuovo inizio. È qualcosa di certo? Ovviamente no, ma resta un segnale interessante che simboleggia la transizione voluta da Zuckerberg da social media a Metaverso. L’annuncio è avvenuto il 28 ottobre nel corso del ricco evento Facebook Connect dedicato al Metaverso e ha spiazzato addetti ai lavori e appassionati, provocando anche un boom delle azioni in borsa della compagnia. Non sono mancate le critiche, ma ogni singola reazione rappresenta perfettamente l’ansia e l’hype nei confronti del futuro di Internet.

Ma quindi Meta come realizzerà il suo Metaverso? Innanzitutto, creerà un gioco dedicato, seguendo l’esempio di Roblox e Fortnite. La prima manifestazione del Metaverso Facebook esisteva già e non era ancora una realtà ludica: si parla dello spazio di lavoro in VR Horizon Workrooms che consente ai dipendenti di assumere la forma di un avatar e, tramite il visore Oculus Quest 2, collegarsi in una stanza dove replicare l’esperienza lavorativa reale. Possiede il fattore estetico per diventare un Metaverso e integra al suo interno anche diversi strumenti sviluppati da aziende partner di Facebook. L’estensione è avvenuta in maniera completamente naturale con l’ufficializzazione di Horizon Home, il nuovo ambiente principale dei dispositivi Oculus, che diventerà completamente sociale e, in generale, con l’esperienza Horizon Worlds, attualmente in fase Beta. Al suo interno sarà possibile giocare, chiacchierare con amici, dare vita a una casa virtuale e molto altro ancora.

Insomma, Zuckerberg ha già le idee chiare. In occasione di un’intervista a The Verge, l’imprenditore statunitense ha affermato che il Metaverso non è solo realtà virtuale, può essere sia 3D che 2D, anche in realtà aumentata e accessibile da PC, console e dispositivi mobili. Inoltre, non è solo lavoro ma anche intrattenimento, socializzazione, gioco e fitness. Ulteriore conferma arriva dal lancio del nuovo Active Pack, completamente dedicato all’attività fisica su piattaforme come Supernatural e FitXR e che dovrebbe garantire un’esperienza più confortevole, salda e igienica. Insomma, è una visione molto più ampia di quello che offriva inizialmente Horizon Workrooms e di ciò che offrono gli altri proto-metaversi esistenti. Per questo motivo, il rivoluzionario pacchetto completo firmato Meta potrebbe rappresentare una delle pietre angolari del Metaverso per come lo definiamo oggi.

A questo strumento vanno aggiunti dei tasselli altrettanto importanti, che rientrano nella visione del CEO di Meta. Un esempio lampante sono i Ray Ban Stories lanciati da Facebook in collaborazione con EssilorLuxottica, occhiali smart che uniscono la moda alla tecnologia grazie alla dotazione di auricolari, microfono, dual camera e applicazioni integrate, per interagire con chiunque con pochi semplici gesti. O ancora, nel tentativo di rendere la realtà virtuale e la realtà aumentata sempre più accessibili al pubblico, Meta ha già preparato tutti gli strumenti necessari agli sviluppatori e agli utenti per creare il futuro del Metaverso: dai nuovi Interaction SDK e Insight SDK per la Mixed Reality, all’inedito hardware Oculus Cambria dall’ergonomia migliorata per garantire un utilizzo prolungato e dalle novità tecniche che garantiranno un salto di qualità importante rispetto al già eccellente Quest 2.

Secondo Zuckerberg, inoltre, il futuro del Metaverso consisterà nel poter “entrare in uno Starbucks, sedersi, bere il caffè e, agitando le mani, accedere a qualsiasi monitor di qualsiasi dimensione che imitino la configurazione del PC a casa“, oppure “sedersi sul divano e fare una telefonata con qualcuno visualizzabile sotto forma di ologramma” e, perché no, anche “teletrasportarsi accanto a qualcuno in forma virtuale per vedere e interagire con dispositivi reali lontani migliaia di chilometri“.

Utopia o distopia?

Queste ultime dichiarazioni, inevitabilmente, divideranno il pubblico. A Zuckerberg, o meglio al gruppo di investitori e tecnici di cui abbiamo parlato, i più ottimisti risponderanno con novanta minuti di applausi e lo sguardo rapito dalla miriade di possibilità offerte, come se si trattasse del mondo perfetto, un’utopia; i più pessimisti e i detrattori, invece, si opporranno con un fermo rifiuto dell’eccesso dell’evoluzione tecnologica, criticando le società Big Tech e gli investitori e temendo l’involuzione della società come la conosciamo oggi, verso una distopia.

Penso che una buona visione per il Metaverso non sia quella che un’azienda specifica costruisce, bensì deve avere il senso di interoperabilità e portabilità. Hai il tuo avatar e i tuoi beni digitali e vuoi essere in grado di teletrasportarti ovunque. Non vuoi essere bloccato all’interno della dimensione di un’azienda. Penso che sarebbe positivo se le aziende costruissero cose che possono lavorare insieme e attraversare i confini, piuttosto che rimanere bloccate in una piattaforma specifica“. Queste parole di Mark Zuckerberg sono senza ombra di dubbio positive, lasciano pensare a un futuro roseo per tutti. Ciononostante, come abbiamo raccontato nel nostro speciale sullo scandalo Cambridge Analytica, fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio.

La condizione attuale del Metaverso ci impedisce di capire verso quale orizzonte stiamo navigando, se il futuro sarà Libertalia o la Londra dell’IngSoc, se assisteremo alla gioiosa e tanto sperata unione tra più realtà per il bene comune del cittadino internauta, o se si tratterà della contrapposizione tra il miraggio di OASIS e la povertà nella vita reale. Ora come ora, non ci resta che aspettare.

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